Eleonora Abbagnato si è raccontata con il cuore in mano al quotidiano La Repubblica, a cui ha svelato diversi dettagli della sua vita professionale e privata. La danza l’ha assaggiata fin da piccola, da quando aveva quattro anni. Poi il primo importante stage a Montecarlo, a soli dieci anni. Una predestinata che infatti è arrivata ad essere étoile all’Opera di Parigi Spazio anche alle confidenze più intime. La ballerina vive in una piccola tribù. Ha due figli, Julia di 10 anni e Gabriel di 8; più i due figli che il marito Federico Balzaretti ha avuto nel primo matrimonio, Lucrezia ne ha 17 e Ginevra 14.
“Di Lucrezia e Ginevra non sono la mamma ma le ho cresciute io. È una storia particolare, Federico ha avuto l’affidamento esclusivo”, ha spiegato. Quando le è stato domandato della madre biologica delle due ragazze, Eleonora ha dato una risposta tranchant: “Aveva altro da fare”. La mamma naturale quindi non vede mai le figlie? “No”, un’altra replica secca della Abbagnato. Non una passeggiata tirare su delle figlie non sue: “È più difficile, hai il pensiero che magari fai qualcosa di male, o che fai mancare loro qualcosa. Le amo, è come se fossero figlie mie. Ma se non studiano mi arrabbio, se si comportano male le sgrido e tolgo il cellulare. Ho sempre amato i bambini, da piccola giocavo a fare la mamma, mio papà aveva sei fratelli e sorelle, famiglia siciliana numerosa”.
La chiamano mamma? “A me non piace che mi chiamino così, però sì la piccola mi chiama mamma, la grande mi chiama Ele. Aveva un anno e mezzo quando l’ho vista la prima volta. È legatissima a Federico, che è un padre fantastico. Ed è stato sincero fin dal primo giorno. La prima cosa che mi ha detto, il giorno che ci siamo conosciuti (attraverso Nino, un amico comune che fa il parrucchiere), è che la sua priorità erano le figlie. Io ero guardinga, era diventato padre così giovane, a 21 anni… Ho saputo dopo che per le figlie aveva rinunciato a trasferirsi al Milan e al Napoli. Federico lo risposerei ogni mese”.
Ci sono poi i suoi due figli naturali: “Siamo fortunati, tra loro quattro si amano, non c’è nessuna gelosia. Gabriel gioca a calcio nei pulcini della Roma, Julia è alla scuola di danza dell’Opera di Roma. Non è originale come percorso. Ha un carattere forte, è generosa, sincera, diretta. Ci somigliamo. Me la portavo in tutti i teatri, non so se poi farà la ballerina. Si è già lamentata di non essere al centro del palco. Le ho risposto che non lo ero nemmeno io, ho lottato per esserlo”.
Spazio poi alla danza, alla quale ha dedicato buona parte della sua vita prima di ritirarsi dalle scene. Un ambiente non semplice, in cui c’è solitudine oltre a gelosia: “Sì, esiste la solitudine dei numeri primi. A me prendeva quando dovevo ballare sapendo di non essere al top, o di dover interpretare ruoli che non erano così adatti a me. E tutti gli occhi sono puntati su di te, l’étoile. Gli altri mi vedevano così, però io certe sere davvero non mi sentivo pronta”.
Sempre parlando con La Repubblica e sempre parlando di solitudine, ha raccontato alcuni aneddoti che hanno ben reso quali siano i sacrifici che le danzatrici professioniste devono sostenere:
“Sono partita col cartellino col mio nome appeso al collo. Ma piangevo soltanto quando la sera non riuscivo a parlare al telefono con mia madre. Non c’erano i cellulari. Ricordo come fosse oggi la cabina telefonica. Io ero socievole, chiacchieravo con le altre allieve, mi attardavo nei corridoi. Così ero sempre l’ultima in fila indiana davanti alla cabina. E non riuscivo sempre a telefonare. Alle nove di sera dovevamo spegnere la luce, tutte a dormire. Quando racconto la vita che facevo ai miei figli, paragono la scuola dell’Opéra di Parigi a un collegio, che non va vissuto come una punizione. Io ho dei ricordi splendidi”.
L’ambiente della danza permette di realizzare grandi sogni ma ha anche un lato oscuro in cui si consumano ripicche e gelosie esasperate. “Ricordo che a un concorso due ragazzine entrarono in camerino e mi dissero per scherzo che non mi avevano preso – ha raccontato Eleonora -. La mia maestra di Parigi mi bucava i glutei con l’ago perché inarcavo troppo la schiena, ce l’ho molto elastica. I grandi maestri entravano in classe col bastone: non per darcelo in testa, era il senso dell’autorità. Comunque intimorivano”.
Era un’altra epoca, oggi simili metodi non sono, per fortuna, più consentiti. Soprattutto in America, ha spiegato la Abbagnato, non puoi nemmeno toccare gli allievi fisicamente che c’è il pericolo che scatti una denuncia. Le insidie ci sono anche quando si ha a che fare con i genitori dei giovani ballerini: “Oggi una direttrice di ballo deve essere anche psicologa. Gli elementi negativi non sono gli allievi ma le madri. Ci sono protagonismi esagerati”.
Ad esempio: “All’Opera di Roma ho ricevuto lettere anonime. Poi ho avuto minacce di morte nei giorni in cui, usando dell’acido, bruciarono la faccia del direttore del Bolshoi. Non ero a Mosca ma ne rimasi emotivamente provata. Quando ero étoile a Parigi arrivò una lettera che diceva: liberiamoci della mafiosa siciliana”.
Infine si torna su Balzaretti, con il quale condivide un legame ferreo alimentato da amore, stima e rispetto reciproco: “Secondo il nostro comune amico, siamo simili nel carattere. Vero, abbiamo gli stessi valori, è un uomo d’altri tempi, ma lui per temperamento è più riservato, io sono ordinata in maniera ossessiva. Se qualcuno mi sposta un oggetto vado fuori di testa, i vestiti nei cassetti sono disposti per colore, il rosso col rosso e via dicendo. Sono maniacale anche nelle docce: ne faccio tre al giorno”.