Marco D’Amore a ruota libera sul rapporto con il personaggio che gli ha regalato la popolarità, Ciro l’Immortale Di Marzio di Gomorra, figura tra le più iconiche del mondo legato alle serie tv. Intervistato dal Corriere della Sera, l’attore casertano ha spiegato le tappe e l’evoluzione di Ciro, parlando anche dell’ultimo capitolo del prodotto seriale che ha per protagonista la famiglia Savastano.
“Ciro torna redivivo, in Lettonia, dove si ricostruisce una vita col diktat di non tornare indietro”, racconta D’Amore. L’Immortale però non ha fatto i conti con il “nemico-amico Genny” che si “mette sulle sue tracce. E torna in Italia”.
“Dopo la seconda stagione volevo che Ciro sparisse, mi sentivo estraneo, al provino non me ne fregava nulla. Non immaginavo che quel personaggio mi avrebbe cambiato la vita”, confida Marco che al provino giunse con un’aria di sufficienza, quasi svogliato. Motivo? “Facevo teatro di qualità, avevo tante proposte. C’era anche un po’ di snobismo. E poi quando raggiungo uno status, ho la capacità di distruggerlo, è un mio malessere. Se non ho stimoli non regalo più nulla allo spettatore”.
Gomorra, D’Amore: per giudicare Ciro ci vuole tempo
Che rapporto ha con il suo personaggio? Lo odia oppure lo capisce? D’Amore spiega che per ora tutto è troppo fresco per poyter essere giudicato nel modo corretto ed equo. “Tra dieci anni avrò il giusto distacco e sarò in grado di rispondere a questa domanda”. I fan della serie sono attaccatissimi all’Immortale tanto che scrivono a Di Marzio che sperano che non succeda nulla a Ciro.
“C’è un’evoluzione continua in lui – narra sempre D’Amore -, sentivo che gli mancava una nota di calore che lo rendesse strano, storto, è violento ma si commuove, atti atroci e piccoli gesti che lo rendono umano. E ha creato un corto circuito”. Spazio anche ad una puntualizzazione, in riferimento a coloro che hanno avanzato critiche etiche sulla serie, sostenendo che i suoi personaggi possano provocare una sorta di effetto emulazione nei giovani.
Secondo l’attore casertano, se la si pensasse così, bisognerebbe considerare nel medesimo modo anche i giochi violenti della playstation o alcuni video virali che circolano sul web e nelle chat. “Il rischio emulazione è nei politici che non considerano l’umanità disgraziata per la propria salvaguardia personale”, tuona D’Amore.
Si sussurra che Madonna sia una accanita fan di Gomorra. Cosa c’è di vero? “Fa parte della mitologia che circonda questa serie”. Nulla di certo, quindi. D’Amore, però, dice di essere al corrente che artisti del calibro di Ridley Scott, James Franco, Michel Fassbender, Benicio Del Toro e Josh Brolin sono solo alcune delle star globali che seguono e apprezzano le vicende della serie. “Gomorra è un cult negli Stati Uniti, che produce il 90 percento dei prodotti più forti”, aggiunge l’attore.
Marco D’Amore e la giovinezza a Caserta: “Per strada ce la cavavamo”
Oggi Marco è un attore affermato, ha una vita agiata. Eppure non è sempre stato tutto rose e fiori. Gli anni Novanta a Caserta li ha trascorsi assieme a suo fratello, crescendo con chi faceva una vita normale, ma anche con chi è andato incontro a una fine disperata. “Mi rivedo in C’era una volta in America di Sergio Leone”, racconta, aggiungendo di aver avuto un’infanzia memorabile. “Lo dico – conclude – guardando con tristezza alle nuove generazioni, alle loro utopie commerciali. Per strada di notte ce la cavavamo con gente più grande che ci ha fortificati, in un quartiere dove c’era bisogno di abilità per sopravvivere”.