Ermal Meta, artista pacato e riflessivo, ha abbandonato i suoi modi garbati nel commentare il tragico episodio avvenuto a Palermo nei giorni scorsi, quello in cui 7 ragazzi sono accusati di aver stuprato una ragazza 19enne. Da quanto trapelato fino ad ora dalle indagini, la giovane avrebbe subito violenze inaudite. Ermal, tra le persone famose, ha scritto su Twitter una delle frasi più dure sulla vicenda: “Lì in galera, se mai ci andrete, a ognuno di voi “cani” auguro di finire sotto 100 lupi in modo che capiate cos’è uno stupro”.
Le parole del cantante sono diventate virali in un amen, dividendo. Da una parte chi si è detto d’accordo con lui, dall’altra chi gli ha dato del “forcaiolo”, sostenendo che la violenza non si combatte con la violenza e con gli attacchi d’ira. Assai critica nei confronti del musicista è stata Selvaggia Lucarelli.
Lucarelli: “Cantanti forcaioli”
“Cantanti che scrivono tweet forcaioli che manco i peggiori bandierini, giornali che li riprendono pure e poi la chicca: “Il popolo del web chiede giustizia”. Stupendo. Sembra una cronca dell’inquisizione medievale”. Così la giornalista, intervenendo su Instagram nel ‘bacchettare’ Meta e il quotidiano la Repubblica. E non è finita qui perché la Lucarelli ha posto attenzione anche ad un altro intervento del cantante.
Meta ha sostenuto che uno stupro non solo infligge un danno fisico immenso, “uccidi il futuro di una donna, la sua fiducia nel prossimo e nella vita. E senza quella fiducia comprometti la sua capacità un domani persino di avere figli. Questo compromette l’umanità intera”. Anche in questo Selvaggia Lucarelli ha trovato l’intervento del cantautore fuori luogo. “Oh ragazzi, non stuprate che poi danneggiate quella macchina da riproduzione chiamata donna. Compromettete l’umanità”, la chiosa affilata della giornalista.
Infine la Lucarelli ha scritto un ultimo post in cui ha sostenuto che la violenza come atto riparatorio e punizione “è esattamente l’innesco di molti femminicidi e stupri”.
Ermal Meta ha controreplicato duramente alla Lucarelli, tirando persino di mezzo Barbara d’Urso. La conduttrice campana, in passato, è stata raggiunta da alcuni commenti al vetriolo della giornalista.
Ermal Meta, dietrofront parziale
Dopo il polverone sollevato dai suoi tweet, Meta ha fatto un mezzo passo indietro: “Quando subisci uno stupro quel dolore dura per sempre. Ciò che ho scritto è stato dettato dalla rabbia di un libero cittadino, il dolore non deve essere necessariamente personale per poterlo sentire. Ho conosciuto persone che hanno subito stupri e dopo vent’anni il loro dolore è ancora vivo”.
Intervistato da Tg1 “Mattina estate”, il cantante ha aggiunto: “Quando compi uno stupro, l’eco di quel crimine dura per tantissimo tempo. Io non ho conosciuto stupratori che hanno fatto 25 anni di galera, ma ho conosciuto vittime di stupro che hanno fatto 20 anni di psicofarmaci. Non è quella forse una prigione?”
“Io non ho scatenato nessun odio, l’odio viene scatenato da una certa passività. Spesse volte il non interesse su quello che accade viene travestito da una sorta di garantismo, e non può essere più così”, ha rimarcato, replicando a chi lo ha accusato di aver, con le sue parole, incitato proprio all’odio contro gli accusati.
“È giusto educare – ha terminato l’artista – ma è giusto anche punire qualora l’educazione non funzioni. Tutti i giorni incontro persone che esprimono le proprie paure e la più grande paura è diventata quella dell’altro”. Insomma, da un lato Meta ha rimarcato che parte dei suoi interventi sono stati elaborati in preda alla collera, dall’altro ha ribadito che senza educazione si deve ricorrere all’atto punitivo.