Eutanasia, suicidio assistito, sedazione profonda. C’è una profonda differenza tra questi tre termini. A spiegarla, parlando della morte di Marina Ripa di Meana, è l’amica Maria Antonietta Farina, vedova di Luca Coscioni.
Marina Ripa di Meana come è morta, la spiegazione dell’amica
Maria Antonietta Farina Coscioni, intervistata da Repubblica, racconta come ha aiutato e seguito Marina Ripa di Meana nella sua ultima decisione di ricorrere alla sedazione palliativa profonda.
“Mi ha chiamata quando ha cominciato a sentire l’angoscia del momento della fine – dichiara – Mi ha chiamata il 27 dicembre, mi ha detto: ‘È arrivato il momento, vieni subito, fai in fretta, ho bisogno di parlarti’. L’ho trovata molto sofferente, mi ha manifestato l’idea di andare in Svizzera per il suicidio assistito”.
Ma poi è andata diversamente: “Come spiega lei stessa nel suo videomessaggio, come molti altri in Italia non sapeva della possibilità della sedazione palliativa profonda. Quando le ho spiegato che cosa era e che avrebbe potuto farla a casa le si sono illuminati gli occhi, si è sentita sollevata, ha sentito di avere davvero libertà di scelta. Ha avuto un primo incontro amichevole con la dottoressa Luigia Clarici, palliativista, che le ha illustrato nel dettaglio il percorso della sedazione. Marina ha subito deciso che si sarebbe dovuto far sapere che esiste questa possibilità”.
Marina Ripa di Meana e la sedazione profonda, le differenze con il suicidio assistito
La differenza con l’eutanasia? “C’è una discriminante precisa: non si somministra un farmaco che porta alla morte in un tempo ben preciso, che nel suicidio assistito può essere cronometrato. Il tempo di sedazione profonda, invece, dipende dalle condizioni del malato, che passa le sue ultime ore in un sonno profondo”.
In quest’ultima fase Marina ha avuto al fianco i suoi cari vicini, la figlia Lucrezia Lante della Rovere e il figlio adottivo Andrea Cardella.