La tv, da poco più di un anno, ha trovato delle nuove star: i virologi. Con lo scoppio della pandemia di Covid-19 i salotti del piccolo schermo si sono riempiti di professori e medici. Tra i più presenti e apprezzati, Matteo Bassetti, 50 anni, direttore dell’Unità Operativa Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino nonché professore Ordinario di Malattie Infettive dell’Università di Genova. In un’inedita intervista rilasciata a Chi Magazine, l’infettivologo si è raccontato per la prima volta ‘senza camice’, parlando dell’uomo, oltre la professione e oltre il Coronavirus.
“Chi sono io? Sono quello che ho sempre voluto essere, un infettivologo”, afferma con orgoglio e sicurezza. Bassetti è nato il 26 ottobre, sotto il segno dello Scorpione. Sposato, al suo fianco c’è la moglie Maria Chiara (poco più che quarantenne) e i suoi due figli, Dante (stesso nome del nonno, 15 anni) e Francesco (12).
Matteo pare che abbia sempre avuto le idee chiare. Fin da bambino ha avuto il pallino per l’infettivologia. “I miei amici non erano gli eroi dei fumetti, ma virus, batteri, funghi, protozoi. Quando poi mi sono iscritto all’università, io e lo stafilococco ci conoscevamo da parecchio tempo”, racconta, aggiungendo di aver avuto un’infanzia felice, cullata da una “famiglia meravigliosa e un padre importante”. Pure lui infettivologo, dei più quotati. “Era una autorità, ancora oggi si studia sui suoi libri”, chiosa con stima nei confronti del genitore.
Ecco spiegato perché fin da bambino al posto di sognare di diventare calciatore o cantante, Matteo ha avuto in testa i virus: “Da piccino mi portava a congressi e conferenze. Non capivo nulla, come se parlassero in arabo o fenicio, ma tra me e me mi dicevo: un giorno capirò”.
Qualcuno potrebbe dire che, avendo avuto un padre tanto ingombrante e tanto noto nel settore, ha avuto un canale privilegiato. “I vantaggi – spiega – sono nei geni che mi ha tramandato. Per il resto ho dovuto sgobbare il doppio dei miei colleghi per essere all’altezza”. Oggi siedo alla sua scrivania di direttore della clinica di Malattie infettive del San Martino di Genova”.
Oggi papà non c’è più, essendo venuto a mancare nel 2005. Anche la mamma di Matteo, Giuliana, è scomparsa. “Purtroppo è morta di tumore pochi mesi fa”, ricorda con nostalgia Matteo. La chiacchierata con Chi Magazine vira poi sull’adolescenza. Che poster aveva in cameretta? “C’era un poster comune per l’epoca, gli Europe, quelli di The Final Countdown. Ma non solo”. Il virologo rivela quindi una chicca: “Semplifico. Ero della generazione paninara con il mito della Milano da bere e divisa d’ordinanza, Timberland e Moncler, ma in segreto ascoltavo Gino Paoli”.
Paoli? “Abitava a cinquanta metri da casa nostra, collina di Quinto, lo vedevo uscire dal cancello con superauto e superdonne. Un mito, ma soprattutto un poeta pazzesco che ha scritto la colonna sonora dell’amore tra i miei genitori, Sapore di sale, e poi del mio grande amore”. Naturalmente il grande amore a cui si riferisce è la moglie Maria Chiara.
“Primo incontro nel 2001, ma non accadde nulla. Non che non mi avesse colpito: ero appena tornato dagli Stati Uniti, iniziavo a lavorare, trentenne del genere “voglio tutto subito” e quindi poco incline ai legami. Fase breve. L’anno successivo io e Maria Chiara ci siamo fidanzati, sei mesi dopo le ho chiesto di sposarmi e dopo altri sei mesi, era l’1 giugno 2003, eravamo marito e moglie”.
Gino Paoli, in tutto questo, che ci azzecca? “La mia canzone preferita era Grazie: “Grazie di avere due profondi occhi blu (come Maria Chiara) e due mani da accarezzare”. Una premonizione”. Un amore solido e forte: qualche momento di crisi? “Certo, abbiamo avuto i nostri alti e bassi come tutti, ma ci amiamo ancora tanto”.
In tv, oltre che per la sapienza sui temi medico-scientifici, non è passata inosservata la sua prestanza tanto che già si parla di Bassetti con il sex symbol dei virologi. La moglie è gelosa? “Si tratta di una leggenda messa in giro da voi giornalisti”. Amen! Eppure Matteo, con sano autocompiacimento, non sembra disdegnare le telecamere: “Non nascondo che, come dice mia moglie, mi piace piacere. Che c’è di male? Ho 50 anni, professore e direttore, ora anche la notorietà. Perché dovrei vergognarmene?“.
Spazio anche a una battuta sul tema piacione. Che dicono i suoi figli? “Papà, così non vale. Se con le donne il tuo avversario è il professor Galli, vuol dire che ti piace vincere facile”. A proposito di frutti d’amore: il rapporto con loro come è? “Sono la mia vita“. Tra l’altro la ‘dinastia’ Bassetti ‘in corsia’ sembra che proseguirà: “Mi hanno già detto che da grandi vogliono fare i medici, Dante il chirurgo plastico, Francesco l’infettivologo come me e il nonno. E ancora torna Gino Paoli: “Eravamo quattro amici al bar…”.
La famiglia è tutto per Matteo. Non vi ha mai rinunciato, nemmeno in questo periodo particolare in cui lavora moltissimo. “Stare con la famiglia – sottolinea – è il mio unico hobby. Anche in questi mesi difficili, da 16 ore al giorno in reparto, non ho mai saltato una notte a casa”. “Niente golf, niente tennis. Io mi diverto in ospedale e in famiglia. In realtà in passato…”. Cosa ha fatto? “Dai 16 ai 33 anni ho fatto l’arbitro di calcio, sono arrivato ad arbitrare in serie D. Poi il lavoro ha preso il sopravvento, sono rimasto in federazione come medico”.
Ora un altro hobby in realtà lo ha, le ospitate tv. Quando si spegneranno? “Non nascondo che la telecamera è una droga. Ma quando non mi chiameranno più vorrà dire che l’emergenza è finita. Accetto volentieri lo scambio, ma non credo che sarà per forza oblio”.