Se ne è andata nelle scorse ore Michela Murgia, stroncata a soli 51 anni da un carcinoma renale incurabile. Pochi mesi fa aveva parlato pubblicamente della sua malattia, senza pietismi e senza auto compassione. Non voleva nemmeno alimentare il piagnisteo altrui. La sua lucidità è stata un qualcosa di spiazzante e di cui far tesoro in un mondo in cui domina la falsità dei social, dove ci si inventano drammi per un’unghia rotta o un aereo saltato all’ultimo minuto. In queste ore in tantissimi stanno commemorando la scrittrice sarda.
Molti anche coloro che, pur avendola criticata ferocemente in vita, l’hanno ricordata per la sua determinazione e per la sua tempra. Dalla premier Giorgia Meloni, alla ministra per il Turismo Daniela Santanché, fino al leghista ultrà cattolico Simone Pillon. Solo una figura di spicco non ha voluto aggiungersi al coro di cordoglio. Trattasi di Vittorio Sgarbi che con un post pubblicato sui suoi profili social ha spiegato perché ha preferito non accodarsi a coloro che hanno speso delle parole positive per la scrittrice pur avendola attaccata quando era in vita.
Vittorio Sgarbi contro la Murgia anche dopo la scomparsa
“Non sono un ipocrita, e nel rispetto che si deve a chi non c’è più, e ancor più a chi le ha voluto bene, devo dire che della Murgia donna di cultura conservo un pessimo ricordo”, Così ha esordito il critico d’arte che ha poi ricordato quando la scrittrice non spese parole confortanti per il lavoro di Franco Battiato: “Quando, per esempio, disse di Battiato: “Scriveva delle minchi*te”. Mi sarei aspettato argomentazioni più profonde invece che una battuta cosi triviale”.
“Ricordo anche quando – ha proseguito Sgarbi -, per puro pregiudizio politico e faziosità, trasformò un saluto militare in un saluto romano. O quando, pochi giorni fa, polemizzando con l’amministrazione di Ventimiglia, ha evocato addirittura “il regime fascista””.
E ancora:
“Ma la Murgia credo che appartenesse a quella schiera di mitizzati intellettuali di sinistra a cui tutto è concesso, anche insultare uno dei più grandi autori e compositori della musica italiana con il compiacimento dei moralisti alla bisogna, pronti invece a scagliarsi contro i sovvertitori del politicamente corretto: penso a giornali militanti come Il Fatto o La Repubblica. Grande rispetto per la sofferenza di questa donna e per la sua morte, ma vedo e leggo messaggi e parole di circostanza che rivelano incoerenza e ipocrisia. Anche la Murgia, quando interveniva nel dibattito politico, diceva un sacco di “minch*ate”. Ricordarlo oggi che non c’è più significa renderle onore con franchezza e lealtà”.
Il dibattito sull’ipocrisia
L’intervento di Vittorio Sgarbi, più o meno condivisibile, si inserisce in un dibattito antico che ha ripreso vigore nelle scorse ore proprio per la notizia della scomparsa della Murgia. Come comportarsi quando viene a mancare una persona illustre che però la si è criticata a più non posso per le sue idee? Oggi, sui social, i commenti di commiato di coloro che hanno attaccato negli anni scorsi la scrittrice sono stati travolti da insulti e biasimi. Secondo parecchi utenti, tali personaggi avrebbero fatto meglio a stare zitti. Ecco, appunto, si può anche tacere. E questo vale anche per Sgarbi: poteva tranquillamente starsene con la bocca cucita e per una volta non commentare in alcun modo. E invece…