Riccardo Marcuzzo, in arte Riki, dopo tre anni vissuti ai vertici della musica italiana, è sparito nel nulla. Dopo aver frequentato la scuola di Amici di Maria De Filippi, nel 2017 è stato il cantante che ha venduto più dischi. Fino al 2020 ha continuato a spopolare nel mercato discografico, facendo sold out nei palazzetti e venendo venerato da tantissimi fan durante i firmacopie. Poi l’oblio, svanito nel nulla. Intervistato dal Corriere della Sera, il giovane 32enne di Segrate ha spiegato perché si è eclissato. A segnarlo la depressione. Ha anche rotto con il suo storico agente Francesco Facchinetti, ritrovandosi solo e abbandonato dal successo che lo aveva proiettato nell’olimpo. Ora si sta impegnando in un nuovo progetto, Casabase. Uscirà la prossima primavera.
Riki sparito nel nulla: la crisi e la rottura con Francesco Facchinetti
“Ho vissuto tre anni molto importanti dove però non ero padrone del mio destino, infatti tante volte sfogavo la mia solitudine e la mia rabbia, la gabbia dorata in cui mi sentivo, nel mio essere impulsivo. Così ho fatto un po’ di cavolate. Dovevo per forza seguire le logiche del mercato e a un certo punto mi sono incagliato”. Così Riki a proposito della sua parabola. Non c’è stato un episodio brusco che lo ha messo in crisi; è stata una dinamica che si è sviluppata pian piano e inesorabilmente. Cosa non ha funzionato? Come è possibile passare, nel giro di qualche mese, dall’essere uno degli artisti più in voga al dimenticatoio?
“Succede piano piano, non te ne rendi conto subito perché intanto le cose vanno velocissime e non puoi fare pause. Non voglio neanche imputare la colpa alle persone che avevo intorno perché veniva tutto anche da me: era un sistema drogato e volevamo sempre di più”.
Oggi ci sono giovani artisti che decidono di fermarsi e di prendersi delle pause per il bene della loro salute mentale. Eclatante il caso di Sangiovanni. Per Riki è un bene che qualcuno abbia la consapevolezza di avere la necessità di mettersi in pausa: “E meno male. Succede a tanti, so come ci si sente e io non l’ho mai voluto dire perché avevo paura. Ero orgoglioso, molto competitivo. Non avevo il coraggio di dire “sono in crisi, non sto bene, mi fermo”, ma poi ti rendi conto che non puoi farcela da solo e tante persone al tuo fianco non ti supportano come potrebbero“.
Marcuzzo non è il primo a sostenere che nel mondo della musica, soprattutto per chi vi entra in modo dirompente e in giovane età, c’è il pericolo di farsi parecchio male: “Se ho avuto la sensazione che mi stessero spolpando? Sì, non posso dire altrimenti, ma lì per lì sei assuefatto. Invece bisogna avere il coraggio di fare anche scelte controcorrente. E poi è importante avere un team che creda nel progetto, come quello che ho ora“.
A proposito di team. Era nota la sua collaborazione con Francesco Facchinetti. Quella collaborazione ora non c’è più. Le strade di Riki e del manager si sono divise. La rottura ha avuto origine da divergenze e visioni differenti: “Facchinetti? Era un team che non avevo scelto io. Dopo un talent, i primi che ti contattano e ti danno sicurezza, li prendi. Con Francesco quando le cose andavano bene era tutto meraviglioso, ma a volte sentivo di voler fare determinate cose che lui non mi passava o magari aveva semplicemente altre idee”.
Riccardo Marcuzzo e Sanremo 2020: “Volevo auto-sabotarmi”
Nel 2020 Marcuzzo ha partecipato al Festival di Sanremo nella categoria big. Un’avventura tutt’altro che positiva. Terminò quell’esperienza all’ultimo posto e ciò contribuì a rendere più acuta la crisi professionale e umana che già albergava in lui:
“Ero già in crisi. Io non avrei voluto farlo, ma ero talmente assuefatto che dicevo sì a tutto. In quel periodo volevo proprio auto-sabotarmi, quindi non c’erano i presupposti. Sul palco non stavo bene, ero asettico, non sentivo neanche la tensione. Poi, due settimane dopo, è scoppiata la pandemia e, nel male, quello mi ha costretto a fermarmi”.
Riki e il demone della depressione
Il cantante ha spiegato che adesso tornerebbe di corsa al Festival, ma che se la giocherebbe in maniera differenza rispetto al 2020, in quanto si considera più maturo e consapevole. Ma che cosa è accaduto di preciso in lui? Alla sua porta ha bussato il demone della depressione:
“Essendo stato un percorso graduale, ti rendi conto dopo di essere caduto in depressione. Ora come ora potrei dire di sì perché stavo male male. Faticavo a dormire, non avevo voglia di fare niente. Ero svogliato e totalmente apatico, non mi impressionava nulla, come fossi avulso e trasparente. Ho fatto terapia per un periodo e poi mi ha aiutato avere altre passioni. Sono laureato in design e durante la pandemia mi ha dato un appiglio. Poi ci sono le persone che ti vogliono bene davvero, e quelle rimangono. Perché tutte le altre, invece, scompaiono: chi scriveva per convenienza, non ti scrive magicamente più”.
Al momento sta lavorando al progetto Casabase, disco che ha voluto realizzare con le sue idee. Si tratta di un lavoro interamente suonato e confezionato in modo artigianale e analogico, tra ballad, ma anche uptempo. Il prossimo singolo avrà il titolo Carillon, brano che parla di solitudine e dedicato alla compianta nonna, scomparsa lo scorso febbraio e a cui era molto legato. Ovviamente l’obbiettivo è quello di tornare in alto, ma per Riki, prima ancora delle posizioni in classifica, oggi conta di più la sua serenità emotiva:
“Ora come ora le classifiche non sono importanti, ma non nascondo che l’obiettivo è tornare a fare le cose in alto. Vorrei parlare a sempre più persone fregandomene delle logiche. Vorrei ottenere rispetto, vorrei che si potesse pensare “ah ok, questo non è solo il bel faccino, ha qualcosa da dire”. Il percorso è lungo, ma l’importante è andare a letto tranquillo”.