I figli di Muccioli querelano Netflix per il documentario su San Patrignano. Secondo quanto riporta il Corriere Romagna, è arrivata una denuncia per diffamazione aggravata alla nota piattaforma di streaming online. SanPa. Luci e tenebre a San Patrignano, questa è la docuserie che Netflix ha realizzato sulla comunità e sulla figura di Vincenzo Muccioli. I suoi figli Andrea e Giacomo, assistiti dall’avvocato Alessandro Catrani, sono certi che la serie abbia fatto una ricostruzione distorta della storia della comunità e del suo fondatore. I fratelli Muccioli avrebbero deciso di procedere con la querela in quanto ci sarebbero allusioni e dettagli non veritieri.
In particolare, la serie avrebbe fatto riferimento alla presunta morte per Aids di Vincenzo Muccioli, che sarebbe collegata alla sua presunta omosessualità. I figli del fondatore della comunità di San Patrignano avrebbero presentato la querela ai carabinieri nei giorni scorsi. Si tratta della prima docuserie italiana di Netflix, che è stata resa disponibile il 30 dicembre 2020. In tutto 190 Paesi hanno avuto modo di seguire il documentario sulla nota piattaforma di streaming. I produttori avrebbero realizzato la serie attraverso 25 testimonianze, immagini prese da 51 archivi e ben 180 ore di interviste.
Scritta da Carlo Gabardini, Gianluca Neri e Paolo Bernardelli, ha fatto storcere il naso alla Comunità di San Patrignano. Infatti, pare si fosse totalmente dissociata dalla storia riportata nella docuserie, diretta da Cosima Spender. La Comunità ha definito il racconto “unilaterale, sommario e parziale”, in quanto basato su “testimonianze di detrattori”. Una ricostruzione distorta quella che avrebbe fatto Netflix sulla Comunità e sul suo fondatore, descritto “come violento e misogino”, secondo i due figli.
Andrea e Giacomo si sono sentiti in dovere di difendere la memoria del padre. E mentre la querela pare essere arrivata alla procura della Repubblica, ci sarebbero da valutare anche “eventuali profili di responsabilità relativi alla privacy”. Tra le interviste utilizzate per realizzare la docuserie ci sarebbe anche quella di Andrea, il quale pare si sia sentito tradito dalla produzione. Sembra che gli fosse stato assicurato “un punto di vista equidistante”, attraverso il quale sarebbero dovuti emergere “l’impegno e la figura di alto profilo del padre”.
Nei primi due episodi il documentario parla della fondazione per poi arrivare a una svolta “crime”, trattando le vicissitudini giudiziarie. Gli autori già nei mesi scorsi avevano replicato alle polemiche, facendo presente che il loro obbiettivo era quello di raccontare “una realtà complessa” senza nessuno scopo di denigrare o compiacere qualcuno. Come possibili responsabili del reato, nella querela si individuerebbero “produttori, autori e regista”.