In queste ore il mondo del cinema e gli appassionati della settima arte stanno piangendo la scomparsa di Sean Connery, attore e icona globale, capace di imporsi sia sul grande schermo sia nella vita pubblica come emblema di savoir-faire e carisma. A ricordare le doti artistiche e umane di un uomo fuori dal comune, in questi giorni di lutto, è stata Ursula Andress, amica di una vita del divo nonché la prima e indimenticabile Bond Girl. Intervistata dal Corriere della Sera, l’attrice 84enne di origini svizzere ha spiegato chi era Sean Connery a riflettori spenti, dipingendolo come una persona autentica, protettiva e fedele.
Al primo incontro con il divo scattò subito il feeling professionale e umano. Si videro sul set di Agente 007 – Licenza di uccidere, a Kingston, in Giamaica (immortale la scena in cui Ursula emerge dall’acqua, con il coltello alla cintura e con un bikini che ha fatto la storia del cinema). Connery era solo nella sala da pranzo di un modesto hotel dove alloggiava il cast (il budget del film fu risicato, nessuno si aspettava che avrebbe avuto poi un simile successo). Andress, con un po’ di timore e soggezione, lo raggiunse e “passò tutto”:
“Durante la lavorazione del film fu molto protettivo con me, adorabile, fantastico. Era pieno di vitalità, di passione per le donne. Adorava le donne. Era molto uomo, indubbiamente”.
Da allora con Sean non si perse mai più di vista: i due divennero amici, condividendo con stupore e gioia l’incredibile successo che ebbe il film che li proiettò nell’olimpo del cinema. Sempre a proposito di Connery, Ursula aggiunge:
“Provo un dolore grande per la morte di Sean Connery. Era un grande uomo, oggi uomini così non esistono più, sono tutti troppo narcisisti, troppo presi da se stessi. Uno come Sean oggi è difficile da trovare. È stato un amico grande e un attore favoloso”.
L’attrice ricorda quindi come la produzione di Agente 007 – Licenza di uccidere in realtà era una produzione costata solo 800mila dollari, “niente a che vedere con le cifre di oggi”. Infatti mai avrebbe creduto che il film potesse entrare nell’immaginario collettivo con simile prepotenza. Inizialmente reputò persino la sceneggiatura per nulla entusiasmante tanto che pensò che la sua carriera cinematografica potesse concludersi lì:
“Non conoscevo Sean, e pensavo: sarà la prima cosa che faccio al cinema e anche l’ultima. Poi invece il film ha preso il volo, la chimica tra noi due funzionava, era la combinazione giusta”.
La svizzera torna a poi a parlare del divo scomparso, descrivendolo come una persona “fedele”, capace di “capire al volo la gente, quelli pieni di se stessi, i superficiali”. Rimarca inoltre che aveva un particolare e gradevole “senso dell’umorismo”. Spazio quindi ai ricordi e ai momenti trascorsi insieme in diverse parti del mondo:
“L’ultima volta ci siamo visti in Svizzera, Sean aveva preso casa a Gstaad vicino a me. Abbiamo fatto tante serate insieme, mi invitava sempre, Montecarlo, Londra, New York… Da quando ci siamo conosciuti fino ad ora siamo rimasti amici. Amici amici”.
Ursula poi si arresta, sopraffatta dalle emozioni: il dolore per la morte di Sean è lancinante e profondo. “Mi fa quasi pena, mi fa male ricordare. Abbiamo vissuto dei momenti bellissimi e mi rimangono dei ricordi favolosi”, chiosa. Alla fine, però, c’è una convinzione che le dà speranza e forza. “Per me Sean non è morto, rimarrà sempre vivo con me”, conclude.