Sinisa Mihajlovic a Verissimo. La battaglia con la leucemia: le 13 chemio e le 17 pastiglie al giorno. Come sta oggi l’allenatore serbo
Sinisa Mihajlovic continua a combattere la sua battaglia con la leucemia. Pochi mesi fa la confessione che ha lasciato costernato il mondo sportivo, oggi le cure, la lotta e la vicinanza della gente. L’allenatore del Bologna si è raccontato ai microfoni di Verissimo, innanzi a Silvia Toffanin (la puntata integrale andrà in onda domani 18 gennaio 2020). L’intervista restituisce il ‘solito’ Sinisa, tutto di un pezzo, che non molla e che non si lascia abbattere. D’altra parte lo ha sempre fatto, fin da quando era giovane e la guerra in Serbia dilagava. E infatti, durante la confessione nel salotto di Canale 5, l’ex calciatore è tornato anche a quegli anni dove essere forti non “era una scelta ma un obbligo.”
Sinisa: “Per ora sto vincendo la battaglia”
“Per ora sto vincendo la battaglia, anche se devo fare attenzione. Sta andando tutto bene, non sto più prendendo il cortisone e questo è importante. Sono passati 78 giorni dal trapianto di midollo osseo e i primi 100 giorni sono i più critici”. Questo l’esordio di Sinisa a Verissimo. L’allenatore serbo quindi prosegue: “Poi dopo è tutto in discesa, bisogna avere pazienza ancora per una ventina di giorni ma superarli sarebbe già un bel traguardo. Sono molto contento, non ci sono state complicazioni gravi e va benissimo così”. Il serbo fa inoltre sapere che negli ultimi giorni ha ripreso anche ad allenarsi per tornare in forze. “Perché dopo 4 mesi senza fare niente e prendendo 17 pastiglie al giorno mi sono un po’ gonfiato”, ha raccontato. Spazio poi ai dettagli relativi alle cure…
“Ho fatto tredici chemioterapie in cinque giorni, ma già dopo il terzo avevano annientato tutto”
“Ho fatto tredici chemioterapie – ha continuato a narrare il serbo – in cinque giorni, ma già dopo il terzo avevano annientato tutto. Il primo ciclo è stato il più pesante, mi sono venuti anche degli attacchi di panico che non avevo mai avuto perché ero chiuso in una stanza con l’aria filtrata: non potevo uscire e stavo impazzendo. Volevo spaccare la finestra con una sedia, poi mia moglie e alcuni infermieri mi hanno fermato, mi hanno fatto una puntura e mi sono calmato”. Un periodo non semplice. Eppure Mihajlovic ha sempre avuto chiara un’idea: “Dovevo dare forza alla mia famiglia perché se mi avessero visto abbattuto sarebbe stato peggio… Questa è stata una delle cose più difficili perché non sempre ero al massimo della forma”. Sinisa ha precisato che non pensa di essere un eroe e che nessuno “deve vergognarsi di essere malato o di piangere.”
Sinisa e il rimpianto sulla morte del padre
Spazio anche ai rimpianti, uno in particolare, legato alla figura paterna: “Purtroppo non ho visto mio padre nei suoi ultimi otto mesi di vita e neanche quando è morto nel 2010. Quello è l’unico rimpianto che ho, ma spero che mi abbia capito. Quando hai i genitori noti tutti i difetti, io per esempio non sopportavo che facesse rumore quando mangiava, invece, quando poi non ci sono più ti mancano anche le cose che ti davano fastidio. Bisogna goderseli al massimo”. L’allenatore è poi passato a spiegare di aver vissuto un magnifico Natale con la madre e tutti gli affetti più cari a lui vicini. C’è poi stato il tempo per i ricordi della guerra dei Balcani.
“Nel mio Paese dovevi essere forte non per scelta ma per obbligo: sono cresciuto così”
“Quando la vivi, all’inizio, è bruttissima ma dopo se hai la forza di reagire e riesci ad andare avanti nella vita è tutto di guadagnato perché capisci quali sono le cose importanti e sai che quello che può succedere è sicuramente meno peggio della guerra”. Situazioni dure, che lo hanno temprato: “Se la superi puoi battere qualsiasi ostacolo ma non la auguro a nessuno. Nel mio Paese dovevi essere forte non per scelta ma per obbligo: sono cresciuto così”.