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Definire che cosa sia la cultura è un’impresa non da poco e non basterebbe un libro di 200 pagine per sviscerare il concetto. Tendenzialmente, nel significato comune, quando si parla di cultura si pensa a temi eruditi e ‘alti’ ad appannaggio dei cosiddetti intellettuali. In realtà gli intellettuali stessi, da sempre, sono d’accordo sul fatto che la cultura, o comunque una buona parte di quel che sta a rappresentare, sia la capacità di conoscere e interpretare la realtà che ci circonda. Più si sa e più si ha la possibilità di leggere in maniera approfondita i contesti in cui si capita. E tutto ciò cosa ci azzecca con il “trash” di Temptation Island? Ci azzecca eccome…

Caso vuole che mentre il reality delle tentazioni andava in onda con le ultime due puntate della stagione, la Rai abbia levato Noos di Alberto Angela dalla propria programmazione. Una decisione per evitare una caporetto con gli ascolti. Sì, sarebbe stata una caporetto per il divulgatore perché Temptation l’avrebbe spazzato via. Alla luce di tale fatto, in queste ore, si è molto discusso ed è cominciata la solita tarantella: “L’Italia è questa, si preferisce il trash alla cultura”, etc etc.

Si torni al tema relativo alla cultura: Noos è un programma culturale? Senza dubbio. Va aggiunto che è anche nozionistico, vale a dire che divulga una serie di informazioni storiche, antropologiche e sociali che vanno ad arricchire chi le riceve. Ora si dirà una cosa forte: Temptation Island, paradossalmente, è più ‘culturale’ di Noos. Meno nozionistico ovviamente, ma più culturale nel senso più ampio del concetto. Non è uno scherzo. Motivo?

Il programma mette in scena con maestria a livello televisivo storie di personaggi in cui migliaia e migliaia di italiani si rispecchiano, più o meno coscientemente. Per questo crea empatia e non solo: nel vederlo molta gente, anche se magari non lo confessa, si ritrova a pensare che nelle situazioni di disagio mostrate ci si è ritrovata qualche volta (forse più di qualche).

Non si tratta affatto di trash. La ‘sporcizia’ tv è altro: è il puntare su dinamiche e personaggi volutamente volgari che creano qualche scandaluccio di proposito. Non è il caso di Temptation. “Tutto recitato, tutto deciso a tavolino”, ripete la vulgata comune. E invece non è così. Basta sedersi in un bar di paese di provincia per comprendere che gli sviluppi delle storie del reality delle tentazioni non sono altro che i medesimi sviluppi delle vicende di una marea di persone comuni.

Perché si può dire allora che Temptation è cultura? Perché nel vederlo l’utente si indigna, si fa qualche risata ma soprattutto, in diversi casi, alla fine riflette tra sé e sé. E pensa: “In effetti sì, pure io qualche volta mi sono comportato in quel modo, pure io sono stato maschilista, pure io sono stata possessiva, pure io ho mentito e ho tentato di arrampicarmi sugli specchi…”. Insomma, in definitiva dà una chiave di lettura su uno spicchio di realtà sentimentale odierna. Altro che trash!

Mirko Vitali

Nato in una città del Nord, un paio di lauree umanistiche e un master in critica dello spettacolo. Si diletta a scrivere di televisione e dell'infernale mondo del gossip del Bel Paese (è convinto che qualcuno dovrà pur farlo questo ingrato mestiere di spifferare i fattacci altrui).

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