Ha ragione Leonardo Pieraccioni che rivolgendosi a Baglioni ha detto, tra il serio e il faceto, che a Uà – Uomo di varie età “tutto è troppo perfetto, studiato, pensato”. Ma come? Le cose perfette e studiate nei minimi dettagli non dovrebbero essere quelle che dovrebbero avere maggior successo? Se lo è chiesto il ‘Divo Claudio’ (naturalmente anche la domanda è stata scritta a tavolino). Non in tv, dove è fondamentale offrire il colpo di scena, l’inaspettato, il reale, che appunto si costruisce spesso attorno a situazioni inattese, che scompaginano i piani. Altrimenti il rischio è quello di proporre programmi confezionati talmente bene da essere poco incisivi.
È quel che è capitato a Uà, mastodontico show in onda su Canale Cinque per tre puntate. Il raccolto, in termini di ascolti e visti gli sforzi profusi dalla produzione (si sono alternate decine e decine di ospiti big), è stato magro. Mancava la diretta. Vero. Eppure ci sono molti programmi registrati che riescono comunque a trasmettere al telespettatore la sensazione dell’immediatezza, della spontaneità. Giusto per citare due titoli in prime time, Tu si que vales e The Voice Senior.
In Uomo di varie età non c’è stato nulla di tutto ciò: a tratti è sembrato di vedere un esercizio di stile, talmente preciso da essere ridondante, pleonastico, pedante. Quel che invece ha funzionato (e che funzionerà nei secoli nei secoli amen) è invece la musica di Baglioni. Quando il ‘divo’ Claudio imbraccia la chitarra e impugna il microfono è emozione pura. E potrebbe continuare per ore e ore, visto che può sfoderare un repertorio infinito, che ha segnato più generazioni, in grado di far emergere dagli abissi della memoria di migliaia di persone ricordi ed emozioni.
A non funzionare c’è stato invece quasi tutto il resto: sketch al limite della perfezione ma privi di enfasi, a volte anche lontani da un pubblico generalista (si pensi al siparietto di Massimo Ghini della prima puntata o alla chiacchierata al flipper con Antonello Venditti in onda nel secondo appuntamento). In quei frangenti è mancato il pathos, tutto è parso artificioso, privo di verve. Unica eccezione, si ripete, la musica di Baglioni e dei tanti ospiti sbarcati nel programma a cantare. Certo non è poco, ma non basta per un prime time impostato in stile varietà e non concerto.
Resta l’amaro in bocca per il potenziale che c’era e che non è stato totalmente espresso. E resta anche una domanda per i vertici Mediaset: tra “l’altissimo” tono proposto con lo show di Baglioni e il “bassissimo” tono proposto con il Grande Fratello Vip, una via di mezzo su cui costruire una identità per il prime time in grado di sganciarsi da certi stilemi, non c’é?