Valeria Favorito torna a parlare di Fabrizio Frizzi. I loro cammini si sono incrociati, senza che i due lo sapessero per questioni di privacy medica, nel lontano 2000. Allora la donna aveva solo 11 anni e ricevette il midollo osseo dal conduttore. Un gesto che le salvò la vita. Valeria poi crebbe e, nonostante la segretezza circa il donatore che si deve tenere per prassi in determinati casi, volle a tutti i costi sapere chi fosse ‘l’angelo’ che le permise di vivere. Lo scoprì grazie a una lettera anonima e ad una firma in calce non cancellata bene. Favorito, intervistata da Fanpage.it, ha descritto nel dettaglio l’intera vicenda, sottolineando una volta di più quanto il compianto presentatore Rai fosse una persona squisita e dalla sensibilità rara.
“Quando è scomparso nel 2018, se n’è andato via un pezzo del mio cuore. Gli sarò per sempre grata”, ha rimarcato la donna che oggi vive di scrittura. Da poco è stato edito il suo terzo libro, ‘Valeria, un dono del cielo’, utile a dare aiuti, tramite borse di studio, alle attività del Centro trapianti di midollo osseo dell’Ospedale di Borgo Roma a Verona e ad altri progetti sempre connessi al sociale per dare manforte a chi ha a che fare con particolari patologie. “Credo sia importante tendere una mano a chi è meno fortunato di noi”, ha spiegato.
A 11 anni le venne diagnosticata la leucemia mieloide acuta. Naturalmente la sua vita mutò drasticamente. I dottori arrivarono persino a dire che le chance di sopravvivenza erano svanite e che le mancavano pochi giorni. “Nonostante i primi cicli di chemioterapia – ha spiegato – i dottori hanno visto che continuavano a generarsi le cellule tumorali. L’unica ancora di salvezza era il trapianto di midollo osseo ed era urgente trovarlo”. Trovare però un donatore è stato come cercare un ago nel pagliaio. In famiglia nessuno era compatibile con lei. “Per il mio caso la compatibilità era 1 su centomila”, ha ricordato Valeria. E quell’uno si chiamava Fabrizio Frizzi.
Si arriva al 21 maggio del 2000. Si venne a sapere che Frizzi era, a livello internazionale, l’unico donatore compatibile con Valeria. “Ma si continuava a rinviare la data dell’intervento, fino al 21 maggio – ha raccontato la donna -. L’ematologo chiamò l’ospedale di Roma, dicendo che avevo pochi giorni di vita. La donazione è stata fatta poco dopo, per la legge della privacy non sapevo nulla tranne che era un uomo, aveva 41 anni e viveva a Roma. A me bastava così, sarei stata grata tutta la vita a quel donatore. Per me era come un fratello”.
Secondo le norme non si poteva risalire all’identità del donatore. Fiorito, però, volle per lo meno ringraziarlo, anonimamente. Ed è quello che fece a tre anni dalla donazione. Per via di una legge del 2003 non poteva avere accesso ai dati del donatore, ma poteva spedirgli una lettera senza rivelare la propria identità. Ed è quello che fece. Dopodiché ricevette a sua volta una missiva di risposta. Lì riuscì a risalire a Frizzi: “Era scritta al computer. La firma era cancellata, mi accorsi che si riusciva a leggere il nome e ho avuto la conferma che era Fabrizio”.
Non restava che incontrarlo per dimostragli ulteriore gratitudine per averle salvato la vita. Si giunge al 2006, ad una delle Partite del cuore condotte dal presentatore a Verona, proprio la città di Valeria: “Ho girato tutti gli hotel e i ristoranti, senza trovarlo. Sono andata allo stadio, volevo conoscerlo. Per un suo ritardo non sono riuscito ad incrociarlo. Finita la partita mi sono avvicinata ai cancelli e mi hanno fatta entrare a bordo campo. Lì ci siamo salutati, gli ho detto il mio nome e cognome e mi ha riconosciuta subito. Ci siamo abbracciati. È stato il giorno più bello della mia vita”.
Frizzi era semplicemente e squisitamente Frizzi, come ha ribadito Valeria: “La sua immensa disponibilità, non si sentiva una persona arrivata e aveva sempre la voglia di aiutare gli altri”. Spazio poi alla tragica scomparsa nel 2018 del conduttore, una morte che ha lasciato un grande vuoto, oltreché nei suoi cari, anche in tv e, più in generale, nel mondo dello spettacolo italiano. Per Fiorito è stato un duro colpo:
“È stato come se avessi perso una parte di me. Una parte del mio cuore se n’è andato via con lui. Anche se non ci siamo visti spesso c’era sempre con un messaggio affettuoso, con una telefonata. Ogni 21 maggio, che era il nostro anniversario, si ricordava di farmi gli auguri. La data del trapianto è importante per noi, perché è come se rinascessimo una seconda volta. Anche quando mi sono ammalata la seconda volta è corso a trovarmi in ospedale, era dispiaciuto ma anche arrabbiato per il destino”.
“Aiutare chi ha bisogno, regalare un sorriso, una carezza. Non sprechiamo l’esistenza, possiamo sempre dedicare un po’ di tempo a chi ha bisogno”, ha concluso Valeria.